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La vera forza del Mental Training? A ciascuno il suo!

Pur seguendo sempre un protocollo scientifico validato, possiamo senza dubbio sostenere che non c’è un Mental Training uguale ad un altro. Ogni percorso è totalmente soggettivo, nei tempi, negli strumenti, nella modalità. Questo perché diverso è il nostro atleta/uomo/donna.

L’allenamento mentale è tanto potente, ma deve necessariamente tenere conto delle caratteristiche dell’uomo atleta e della complessità del sistema in cui è inserito.  

  • Analisi della Personalità, del Contesto sociale, della Disciplina e attività praticata 
  • Coinvolgimento attivo
  • Autonomia

sono le basi su cui la Psicologia Positiva Applicata, fonda la progettazione di ogni percorso.”

Perché un percorso funzioni, occorre che sia personalizzato, occorre che le strategie e gli strumenti utilizzati rispondano alle esigenze della persona, prima ancora che dell’atleta o del manager, intesi come ruoli, occorre che siano utili al raggiungimento dei suoi obiettivi e soprattutto tengano conto delle sue caratteristiche di personalità.

Per questo, le competenze del Mental Trainer non sono solo quelle sport specifiche, ma anche quelle necessarie alla conduzione di un colloquio, alla valutazione di un assessment psicodiagnostico e tutti quei saperi interdisciplinari, necessari alla valutazione completa dell’individuo.

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Prima di ogni intervento occorre conoscere a fondo chi abbiamo davanti e occorre far sì che l’atleta, il manager, e la persona prenda consapevolezza di sé, dei suoi tratti di personalità e delle sue caratteristiche peculiari.

                                               (Fonte: Psicosport)

Se, ad esempio, vogliamo imparare a gestire l’ansia, occorre prima indagare con quale tipo di ansia abbiamo a che fare:

un’ansia di tratto (che nasce da un temperamento ansioso)?

un’ansia di stato (solo alcune situazioni specifiche generano ansia)?

o un’ansia da competizione (presente solo a fronte di una gara o di uno sfidante)?

E ancora, è un’ansia somatica (per cui lavorerò con il training autogeno, la mindfulness, le tecniche di propriocezione)?

o un’ansia cognitiva (per cui meglio lavorare con il self talk e il pensiero positivo, le tecniche di concentrazione e focalizzazione)?

E qual è il livello individuale di durezza mentale: capacità di recuperare dopo l’errore, attivazione, concentrazione, sicurezza, motivazione?

E il grado di resilienza o di allenabilità?

E l’aspetto emotivo?

Se voglio ottimizzare la prestazione di uno sportivo o di un manager, devo sicuramente saper definire con lui gli obiettivi, ma prima ancora devo conoscere i suoi punti di forza, le sue aree di miglioramento, definire i diversi stili attentivi e indagare quali sono i suoi stili cognitivi. Se ad esempio abbiamo un verbalizzatore, sarà più funzionale utilizzare tecniche di self talk e pensiero positivo, se abbiamo un visualizzatore, sarà molto efficace l’imagery e l’allenamento ideomotorio.

L’assessment psicodiagnostico iniziale ci permette di creare percorsi costruiti ad hoc, tenendo conto di tutte le caratteristiche individuali della persona. Non quindi percorsi standard, generici, seriali, omologati, ma una reale valorizzazione del talento presente in ciascuno.

Lavorare con la mente delle persone è tanto potente. Nel bene e nel male.

Facciamo attenzione.